Dopo oltre due settimane di clausura, le prime difficoltà stanno venendo a galla. Per quanto possiamo ingegnarci con filastrocche, canzoni, lavoretti, pasta di sale, cucina, ginnastica, film e babydance,
E, a dirla tutta, non ci sentiamo più di biasimarli. D’altronde, è altresì necessario #RIMANEREACASA per aiutare il Paese a uscire da questo brutto incubo chiamato #Coronavirus.
Vedere il traguardo lontano, ovviamente non aiuta. Così come non aiuta notare nei bambini cambiamenti importanti che non riusciamo più a interpretare e gestire agevolmente come prima e che generano paura non solo per il presente, ma anche per il futuro. E’ quasi scontato, infatti, aspettarsi che quando tutto tornerà alla “normalità” e i nostri figli saranno chiamati all’ennesimo stravolgimento della loro realtà, noi genitori dovremo affrontare una loro ulteriore trasformazione.
Abbiamo quindi chiesto aiuto a Maria Grazia Maniscalco, Psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione e mamma della dolcissima Nina, per orientarci in questa tempesta di emozioni e criticità.
Cominciamo con una domanda un po’ retorica. Fermo restando il grandissimo lavoro che sta svolgendo il Governo italiano a cui guardiamo tutti con ammirazione e riconoscenza, si ha un po’ la sensazione che le istituzioni si siano dimenticate dei bambini, delle loro specifiche necessità, trattandoli al pari degli adulti.
In Italia c’è da sempre molta attenzione per i soggetti più fragili e vulnerabili, come bambini e anziani. Tuttavia, in effetti, ritengo che questo sia stato un tema alquanto sottovalutato. Spero che nei prossimi giorni emerga, nella comunicazione istituzionale, qualche indicazione in più.
È importante che i bambini possano stare all’aperto e godere di ore di sole. Alla luce dell’attuale situazione di emergenza, è ovviamente più semplice che ciò accada in presenza di balconi, terrazzi, spazi comuni condominiali e così via.
Tuttavia, laddove non vi sia questa possibilità, ritengo possa essere opportuno, nel pieno rispetto dei provvedimenti del governo, ritagliarsi dei momenti con il bambino fuori casa per una breve passeggiata, rimanendo nei pressi della propria abitazione (un genitore e un bambino; se si hanno più bambini, portarli giù uno alla volta, per evitare una situazione ludica).
Ovviamente in questi casi occorrerà fare maggiore attenzione ad alcuni aspetti di natura igienica (come utilizzare le mascherine e i guanti protettivi, ndr). Vorrei sottolineare che è stata recentemente pubblicata una circolare della regione Lazio (Circolare n. 243267 del 24/03/2020) che consente alle persone che presentano psicopatologie di uscire di casa per brevi passeggiate, muniti di autocertificazione.
Questo è ovviamente ancora più importante per i bambini con “grave disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico e problematiche psichiatriche e comportamentali ad elevata necessità di supporto”.
Ci troviamo a fronteggiare un nemico invisibile. I bambini si trovano disorientati, avvertono le preoccupazioni di noi adulti anche quando non vogliamo darle a vedere.
Quando i bambini si sentono minacciati da qualcosa possono mettere in atto comportamenti protettivi che riducono le preoccupazioni del momento. L’ansia, ad esempio, può portare a evitare situazioni, o in questo caso argomenti, che possano far sperimentare una preoccupazione intensa.
COSA FARE: È importante in questi casi aiutare i bambini a riconoscere le manifestazioni d’ansia non sminuendole, parlare loro con sincerità spiegando che è normale avere paura, ma che bisogna aver fiducia nel lavoro dei medici che stanno curando molte persone e rispettare le regole.
La grande sfida che si richiede alla scuola digitale, in queste settimane, è quella di garantire la continuità didattica adottando nuove modalità comunicative. In questo momento quello di cui i bambini hanno bisogno è essere sostenuti e rassicurati, ristabilire la funzione del gruppo quale spazio in cui riconoscersi e sentirsi al sicuro, trasformare le esperienze emotive in significati e conoscenze.
COSA FARE: Più dialogo dunque, e meno nozioni da imparare a memoria. Può essere utile lavorare per piccoli gruppi, così da concedere il giusto ascolto a ognuno, adattare i materiali ai diversi stili cognitivi dei bambini, rispettando i loro tempi e il loro modo di apprendere.
Un iniziale momento di disorientamento penso sia del tutto fisiologico. D’altra parte, ritengo molto più probabile che possano invece ripresentarsi condizioni già verificatesi all’inizio dell’anno scolastico. Ad esempio, i bambini che hanno presentato maggiori difficoltà, rispetto ai compagni, a imparare a leggere, a scrivere o far di conto, è probabile che stiano soffrendo di più questo periodo di cambiamento e dovranno ricevere sicuramente maggiore attenzione da parte del corpo docente e della famiglia.
COSA FARE: Gli insegnanti dovranno attuare, quindi, percorsi didattici di recupero e potenziamento utili a ridurre le difficoltà riscontrate e attivare, qualora le difficoltà dovessero persistere, interventi tempestivi idonei a individuare i casi sospetti di Disturbi Specifici dell’Apprendimento degli studenti, chiaramente previa apposita comunicazione alle famiglie interessate. Riconoscere e accettare che il proprio figlio possa avere difficoltà scolastiche (e un possibile DSA) è un primo passo per aiutarlo, perché consente di intervenire e sostenerlo.
Questo periodo di isolamento forzato porterà molte famiglie a osservarsi in maniera diversa e a scoprire il loro grado di resilienza, cioè la loro capacità di adattarsi flessibilmente al cambiamento, riorganizzando la propria vita in modo da trasformare gli eventi negativi in opportunità di crescita e di apprendimento. Le capacità di far fronte alle difficoltà possono incidere significativamente sulle difficoltà educative e di gestione della coppia genitoriale.
COSA FARE: Uno stile educativo caratterizzato da responsività, disponibilità emotiva, che sappia dosare affetto e fermezza, che sappia incoraggiare e supportare il bambino, specie nei momenti di difficoltà, si rivela sicuramente uno dei fattori protettivi per il suo benessere psico-fisico.
Un’ultima domanda che ci sembra quanto mai lecita, considerati i trascorsi.
Alla luce delle disposizioni fino a oggi in vigore, ritengo che le famiglie italiane stiano affrontando l’emergenza con grande senso di responsabilità. Quello che stiamo vivendo ci lascerà un segno e probabilmente, nel prossimo futuro, quando gradualmente ritorneremo alla normalità, saremo molto più attenti alle distanze sociali.
Tuttavia sono certa che le famiglie sapranno organizzarsi.