La task force delle quote rosa: qualcosa non quadra

3 Mag, 2022
silvialombardo

Negli ultimi giorni si sta dibattendo molto sulla mancanza di donne nei ruoli di comando o coordinamento per la ripartenza legata alla Fase2. È nata anche una petizione chiamata #Datecivoce per chiedere che sia intensificata la rappresentanza femminile nei gruppi di lavoro, vecchi e nuovi, che aiuteranno a “ricostruire” il Paese

Da ieri su tutti i quotidiani online e sui social impazza un hashtag di valore: #Datecivoce.
Si tratta di una petizione online scritta da “un gruppo di donne della società civile, attive nel mondo del lavoro in diversi settori e con competenze diversificate, che si confrontano da tempo su progetti di diversity e inclusione, su scala locale, nazionale e internazionale” (come si legge sul sito datecivoce.it dove si può anche firmare la petizione).

Queste donne hanno deciso di scrivere una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Dottor Vittorio Colao, capo della task force Fase 2 Coronavirus, per sottolineare la disparità di genere nel nuovo gruppo di lavoro messo in campo per traghettare l’Italia nella ripresa delle attività produttive e non.

La rappresentanza femminile è meno della metà della metà

Nella nuova task force Fase 2, infatti, sono presenti appena 4 donne su 17 rappresentanti. In sostanza la ricostruzione del Paese passerà ancora una volta per le mani, o meglio, per le menti degli uomini. In effetti a ben guardare la percentuale risulta abbastanza esigua considerando che il genere femminile rappresenta la metà esatta (se non addirittura un pochino di più) della popolazione.

Donna task force

Ora, per carità, a livello meritocratico potrebbero anche esserci più uomini degni di prendere parte alla squadra che delineerà “la ripartenza”, chissà, ma che il numero di “signore” non rappresenti nemmeno la metà della metà dei partecipanti, sicuramente qualche dubbio lo lascia.

Ed evidentemente non solo a noi.

Donne per un nuovo Rinascimento: la task force al femminile

E’ stata infatti pensata anche una task force tutta al femminile chiamata “Donne per un nuovo Rinascimento”, voluta dal ministro della Famiglia e delle Pari Opportunità Elena Bonetti, che proponga idee e consigli al governo.

E qui i dubbi aumentano. Perché creare una seconda task force quando bastava incrementare la prima? Le dodici professioniste scelte per portare avanti questo progetto non potevano prendere il posto di qualcuno dei rappresentanti della squadra guidata da Colao?

Ci permettiamo una riflessione ancora un po’ più profonda.

Per avvalorare la necessità di avere più “quote rosa” ai posti di comando o di coordinamento, spesso e volentieri si sente l’esigenza di sottolineare l’importanza del differente contributo di genere che possono apportare le donne.

E qui ci riferiamo a discorsi come “una maggiore sensibilità”, “l’attenzione alle tematiche della famiglia”, “la capacità di prendersi cura degli altri” ecc…
Un po’ come se essere ottime ingegneri, imprenditrici di successo, medici eccellenti, biologhe di prima categoria, economiste esperte, alla fine non basti.

Medico-biologa

Il ruolo della donna nella società: quando le etichette ce le diamo da sole

Alle donne serve sempre quel quid in più che le identifichi come “speciali”. E sono loro stesse, siamo noi stesse, spesso, ad autoetichettarci

Ora, per fare un esempio: conosciamo tantissimi uomini molto più sensibili di noi e abbiamo esperienza di papà che si prendono cura della famiglia molto più di quanto non lo facciano alcune mamme. 
E questo perché non c’entra nulla il genere: dipende dalle persone.  

Mamma Lavoro da casa Partita Iva

In una recente ricerca fatta dal Laboratorio Futuro IstitutoToniolo intitolata “Covid: Un Paese in bilico tra rischi e opportunità Donne in prima linea” di Tiziana Ferrario e Paola Profeta, è stata presentata a un campione di italiani un’affermazione “un lavoro è importante, ma quello che le donne vogliono veramente è una casa e dei figli“. Ora, il 71% degli uomini si è detto d’accordo. Il che di per sé è già abbastanza squalificante. Ma il vero dato che lascia l’amaro in bocca è che anche il 63% delle donne l’ha avvalorata. 
E non è tutto. Solo il 14% delle italiane sostiene che “una madre che lavora può stabilire una relazione sicura e intensa con suo figlio tanto quanto una madre che non lavora“. 
Infine il 36% delle persone crede che sia meglio che “in presenza di figli piccoli il marito lavori e la moglie resti a casa a curare i figli” (il 33% è in disaccordo, il 31% indifferente).
Clicca qui per leggere la ricerca completa.

Cambiare la mentalità delle donne per le donne è possibile

Siamo dunque noi le prime a credere che ci sia bisogno di “quote rosa”, che il nostro genere ci renda in qualche modo degne di nota, che ci serva la nostra diversità per dimostrare al mondo che “al femminile” le cose possano essere fatte altrettanto bene se non addittura meglio.

È come se persino la lotta si connoti nel genere.

Vero è che la società non ci rende le cose facili: da tempo immemore è stato affibbiato alle donne un ruolo di secondo piano che ha radicato nella nostra cultura degli stereotipi, spesso difficili da superare persino per noi.

Chissà quando e in che modo finirà questa battaglia.

Noi, dal canto nostro, ci auguriamo che le nostre figlie non debbano essere tutelate in quanto donne, che non debbano combattere per elemosinare qualche quota rosa o task force alternative, ma che siano valorizzate in quanto esseri umani che apportano il loro contributo al mondo tanto quanto gli uomini, collaborando e interagendo insieme in qualità di individui, ognuno con le sue specificità

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